La giornata passò in fretta e la sera, … sfiniti da una giornata intensa, ricca di emozioni, si ritirarono nella loro camera. L’indomani avrebbero fatto rientro a Roma e Elsa aveva molte cose da sistemare prima di iniziare la sua nuova vita lavorativa...
Il rientro a casa l’aveva lasciata con l’amaro in bocca. Sebbene stesse bene in città, Elsa sentiva molto la mancanza di quella vita spontanea, rurale, fatta di semplici gesti e di amici della porta accanto. Tutti si conoscevano in paese, e nessuno aveva mai la sensazione di sentirsi solo, cosa che spesso le capitava di provare da quando si era trasferita.
Non capiva bene il perché, ma quell’ immensa città, ricca di tutto ciò che si possa desiderare, lasciava comunque un vuoto nel suo animo. La vita frenetica, l’indole dei suoi abitanti, erano profondamente diversi da quelli dei suo compaesani, e da lei, ragazza di provincia qual era.
Elsa e il rientro a casa: tanti pensieri e una settimana da organizzare
In città la gente sorrideva poco, era meno cordiale ed empatica. Spesso le era capitato di assistere a screzi per le vie di Roma, persone che si aggredivano verbalmente per un nonnulla, una fila all’ufficio postale, un parcheggio rubato al volo, o magari un sorpasso. Bastava veramente molto poco per innescare una scintilla e trasformare le persone in “cani rabbiosi pronti a mordersi”. Questo paragone la fece sorridere, ma calzava a pennello alla situazione descritta. Si chiese preoccupata se anche nei luoghi di lavoro le persone fossero così poco empatici, fasi amici, piccole vipere pronte ad attaccare per il proprio tornaconto…
Certo, nel suo paese la privacy era una vera utopia, tutti sapevano tutto di tutti, ed anche di più… e dove le storie non c’erano, la fantasia le inventava e le coloriva passando di bocca in bocca. Pensò che forse, tutto questo accadeva, proprio perché la vita di provincia era semplice e ripetitiva. Le persone, se pur senza cattiveria, avevano necessità di occupare il loro tempo in queste, ed altre “ciance”.
Si chiacchierava a casa della vicina, si chiacchierava al bar, si parlottava nel negozio del fruttivendolo e si reperivano chiacchiere pure dal medico e in farmacia. Il paese, in questo, era un generoso pettegolo. Forse era il motivo per cui viaggiava molto con la mente, tant’è, che a furia di pensare, erano già arrivata l’ora di pranzo ed aveva ancora tutte le faccende e le incombenze da sbrigare. Angelica sarebbe uscita dall’asilo di li a poco. Sì, era proprio in ritardo.
Pensieri e azioni
Rassettò in fretta le stanze, mise la pentola dell’acqua sul fuoco, infilò le scarpe senza allacciarle, e scese di corsa giù per le scale. In dieci minuti fu a scuola, giusto in tempo per prendere la piccola che le saltò al collo felice di vederla. Quel giorno aveva programmato di riordinare le idee per il suo nuovo lavoro, studiare un po’, e informarsi suoi nuovi artisti nascenti, ma la giornata era volata via, persa com’era nei suoi pensieri. Ora doveva occuparsi della piccola.
Arrivata a casa mise a cuocere la pasta e, di li a pochi minuti, pranzarono. L’aria era tiepida, forse anche troppo per andar al parco dopo pranzo. Così decise di rimandare al tardo pomeriggio, quando le temperature sarebbero scese un poco e l’aria sarebbe stata più fresca e gradevole. Aveva proprio voglia di ritrovare l’atmosfera dei suoi boschi e dei suoi prati, ed il parco, era il luogo ideale per ricaricarsi un po’ di buona energia e far giocare Angelica.
Al parco
Dopo aver fatto riposare la bimba un paio di ore, ed essersi documentata un minimo su un solo nuovo artista, raccolse palla, coperta, merenda e un paio di giochi, prese le chiavi della macchina e si diresse al parco. In automobile il parco era raggiungibili in dieci minuti, ma a piedi, il tragitto di due chilometri era troppo lungo e faticoso per la piccola.
Era metà maggio, i prati erano di un verde rigoglioso e, con essi, le fioriture stagionali e le rose erano al massimo del loro splendore. Stese la coperta sull’erba, e vi sistemò il cestino della merenda ed i giochi.
Angelica era radiosa, amava molo andare al parco. Elsa, cercava di portarcela ameno due o tre volte la settimana. Si fermò a guardare la bimba che correva dietro alla palla, e si chiese chi, nei giorni seguenti, quando lei avrebbe iniziato il suo lavoro, l’avrebbe potuta portare a svagarsi un po’.
Fissò con lo sguardo l’orizzonte, vi si perse dentro, ma i pensieri affollarono di nuovo la sua mente: come avrebbe fatto con la scuola? Ormai erano mesi che alle 13:00 si recava a prendere Angelica, le preparava il pranzo e trascorreva con lei l’intero pomeriggio. Sua madre era in America e ci sarebbe rimasta almeno per i prossimi 6 mesi, e Marco non rientrava mai prima delle 18:00.
Era un bel problema! Come non ci aveva pensato prima? Tutta presa dai suoi progetti di vita non aveva pensato che per la bambina lei era diventata un punto di riferimento.
Ma Marco? Marco era sua padre, se ne occupava da cinque anni, dal giorno in cui era nata. Era lui il suo punto di riferimento. Da sempre. Avrebbe dovuto pensarci lui…
A quanto pare, il pensiero non aveva sfiorato nessun dei due.
Gliene parlerò questa sera… disse ad alta voce.
Di cosa? Sussurrò Angelica.
Si sentì improvvisamente in colpa. Aveva la sensazione di fare un torto a quella bella bambina dagli occhi verdi che aveva imparato ad amare velocemente e senza remore.
Ne parlerò con Marco…pensò di nuovo, lui saprà cosa fare….
Continua domenica prossima e per ora vi lascio un paio di domande:
1) Vi capita mai di sentirvi in colpa quando pensate o tentate di organizzare la vostra vita lavorativa i vostri impegni o i momenti di svago?
2) I vostri compagni o mariti vi coadiuvano nel lavoro e nell’organizzazione domestica in modo da permettervi di fare ciò che dovete e volete sia a livello lavorativo che personale?
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